Scadenze superbonus per le unifamiliari, cosa accade nel 2022

Quali sono nel 2022 le scadenze del superbonus per gli edifici unifamiliari? A chiarirlo è stato il Ministero dell'Economia e delle Finanze. Vediamo quanto precisato. Il sottosegretario al Ministero dell'Economia e delle Finanze, Federico Freni, in Commissione Finanze della Camera, ha risposto a un quesito posto dall'on. Pd Gian Mario Fragomeli precisando quali sono le scadenze del superbonus per gli edifici unifamiliari. Secondo quanto precisato, il superbonus per le abitazioni unifamiliari scade il 30 giugno 2022 o il 31 dicembre 2022 a patto che entro il 30 giugno sia stato completato il 30% dei lavori. Si tratta di termini validi a prescindere dagli interventi realizzati e non c'è intenzione di prorogarli. Nel porre il quesito, Fragomeli ha spiegato che la formulazione del comma 8-bis dell'articolo 119 del decreto Rilancio potrebbe far interndere che la proroga del superbonus al 31 dicembre 2025 vale anche per gli interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici unifamiliari. Nel rispondere al quesito, il sottosegretario al Ministero dell'Economia e delle Finanze ha spiegato che gli interventi di demolizione e ricostruzione sono richiamati espressamente dal primo periodo del comma 8-bis, nel quale sono disciplinati gli interventi su edifici diversi da quelli unifamiliari. E ha precisato che la proroga non si applica agli edifici unifamiliari.  Per quanto riguarda le scadenze del superbonus per gli edifici unifamiliari bisogna considerare il secondo periodo dello comma 8-bis.  Quindi, a prescindere dal tipo di intervento realizzato, le scadenze del superbonus per gli edifici unifamiliari sono: 30 giugno 2022; 31 dicembre 2022, se al 30 giugno 2022 è stato completato il 30% dei lavori. Ma come si calcola il 30% dei lavori? Se si tratta di interventi plurimi, agevolati con più bonus edilizi, il 30% deve essere calcolato sull'intervento complessivamente considerato e non solo sulle lavorazioni agevolate con il superbonus. "Idealista news, 11/03/2022"

LE VERANDE IN CONDOMINIO: REGOLE, PERMESSI DI COSTRUIRE E SCIA

La definizione di veranda è strettamente connessa a quelle di balcone e terrazza. Il balcone consiste in una sporgenza della facciata dell’edificio munita di ringhiera o parapetto (balconi “aggettanti”). Si differenzia dalla terrazza in quanto, mentre il primo costituisce un elemento aggiunto al corpo principale dell’edificio, consistendo, quindi, in una sporgenza, la terrazza è inclusa nel fabbricato. Vengono definiti, invece, “a castello” i balconi incassati nel perimetro dei muri portanti dell’edificio: in questo caso la struttura portante del piano del balcone a castello è parte integrante di quella dell’edificio. Permesso di costruire o SCIA? Le verande non rientrano nell’elenco delle opere consentite in regime di edilizia libera dal DPR 380/2001, perché ritenute un ampliamento della volumetria dell’unità abitativa di pertinenza. Dal punto di vista urbanistico, infatti, la trasformazione del balcone in veranda è considerata un’opera capace di influire sulla cubatura e sulla superficie utile e, quindi, idonea a incidere sui parametri edilizi. La realizzazione di una veranda comporta la realizzazione di un nuovo volume determinando un aumento della superficie utile, una modifica della sagoma del fabbricato ed un cambio di destinazione. La struttura è realizzabile pertanto solo previo rilascio del permesso di costruire o, comunque, con un titolo abilitativo edilizio. Essa infatti comporta un complessivo aumento dello spazio fruibile, un vero e proprio vano aggiuntivo, spesso dotato di tutti i confort e comportante, in molti casi, una modifica dell’identità strutturale e funzionale dell’edificio condominiale o un rilevante mutamento dell’assetto edilizio ed urbanistico del territorio. Tuttavia, la giurisprudenza non è sempre concorde nell’inquadramento delle verande all’interno di un’unica categoria. Ristrutturazione edilizia o nuova costruzione ? La realizzazione della veranda a volte viene considerata quale “intervento di ristrutturazione edilizia” (TAR Molise, 01/06/2011, n. 310), altre volte una “nuova costruzione” ex art. 3, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 380/2001 (Cass. pen. 20/07/2011, n. 28927). Si tratta di capire se è necessario il permesso di costruire o la semplice segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). Cosa dicono i giudici In termini generali, l’orientamento prevalente tende a individuare il permesso di costruire come “regola generale”, mentre alcuni casi specifici è ritenuta sufficiente la SCIA. Tale affermazione trova conferma nell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza in riferimento alla disciplina contenuta nel D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (T.U. Edilizia) e nella L. 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie). Secondo il Consiglio di Stato, determinando la realizzazione di una veranda l’aumento della superficie utile di un appartamento e la modifica della sagoma dell’edificio, ne discende che proprio questo intervento richieda il previo rilascio della concessione di costruzione (oggi permesso di costruire) (Cons. Stato 08/04/1999 n. 394). Tale impostazione è stata confermata dalla Corte di Cassazione, secondo la quale i lavori di chiusura di un balcone necessitano di un permesso di costruire e non possono essere considerati interventi di manutenzione straordinaria: «la trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, o di un terrapieno et similia mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica o altri elementi costruttivi, non costituisce intervento di manutenzione straordinaria, di restauro o pertinenziale, ma è opera già soggetta a concessione edilizia e attualmente a permesso di costruire” (Cass. civ. 11/05/2011, n. 18507). Fonte: ImmobiliareNews

Come trasformare un piccolo balcone in un delizioso angolo della casa

Avere uno spazio in casa dove potersi rilassare all'aperto o prendere il sole nelle giornate limpide è sempre apprezzato, ma per chi vive in città questo privilegio non è garantito. Se si è fortunati spesso si ha a disposizione solo un terrazzino. Vediamo dunque come trasformare un piccolo balcone in un delizioso angolo della casa. Creare una zona lettura I tipici balconi allungati degli appartamenti limitano notevolmente le possibilità distributive, ma un trucco molto utile è quello di posizionare un divanetto su uno dei lati. In questo modo si ottiene una zona lettura e posizionando un tavolo e uno sgabello, o dei cuscini da terra, si può creare una zona perfetta per prendere un caffè o incontrare gli amici. Se non si trova il divano con le misure giuste, si può realizzare una struttura con dei pallet e poi appoggiarvi sopra dei grandi cuscini per ottenere lo stesso effetto. Creare una zona caffè Un'altra idea è quella di posizionare un tavolino e un paio di sedie. Se lo spazio è ristretto o se si preferiscono mobili che si possono rimuovere facilmente, un paio di sedie pieghevoli e un tavolino sono la soluzione perfetta. Se si vuole aggiungere profondità all'arredamento del balcone, si può aggiungere un tappeto da esterno. Non occupa spazio e si può facilmente abbinare al resto dell'arredamento. Aggiungi un tocco di verde Le piante sono l'idelae per balconi e terrazze. Riempiono lo spazio di vita e colore e si abbinano a qualsiasi tipo di arredamento. Se c'è poco spazio sul pavimento, si possono utilizzare le pareti per posizionare vasi e fioriere. Con una mensola o pochi ganci si possono mettere i fiori che si desiderano senza intralciare. Questo trucco può far risparmiare molti problemi quando si ha un balcone allungato con poche possibilità di distribuzione. Creare spazi multifunzionali I tavoli allungabili possono essere facilmente agganciati alla ringhiera, in questo modo si possono aprire quando si vuole ad esempio bere un drink in terrazza o lavorare al computer e richiuderli quando non servono più. In questo modo si guadagnano spazio e praticità, senza dubbio un'idea perfetta quando si ha un piccolo balcone. Per aggiungere personalità e calore alla decorazione, si possono usare oggetti come candele e coperte che danno un tocco speciale. Giocare con diversi colori e trame sui cuscini aiuta sempre e nessuno di questi articoli comporta una grande spesa.

MUTUO PER LA SECONDA CASA: QUALI SONO LE DIFFERENZE RISPETTO ALLA PRIMA?

Quando si decide di richiedere un mutuo per l’acquisto di un immobile residenziale, bisogna capire prima di tutto se verrà classificato come prima o seconda casa. Si tratta di una differenza che si rifletterà poi sulle condizioni alle quali verrà concesso il finanziamento, sulle eventuali agevolazioni, e sui costi dell’intera operazione. Si potrebbe dire, semplificando di molto, che la prima casa è collegata al concetto di abitazione principale, quella in cui si vive per la maggior parte dell’anno, in cui si ha residenza fissa e si dimora abitualmente. Mentre la seconda casa, sempre a voler generalizzare, è l’abitazione destinata alle vacanze, oppure comprata come investimento per affittarla a terzi o per lasciarla, un giorno, ai propri figli. Prima o seconda casa: cosa cambia ai fini del mutuo La differenza tra le cosiddette prima e seconda casa è rilevante nei termini delle agevolazioni – fiscali e non – che sono previste nel primo caso. Questo significa che per l’acquisto di un qualsiasi immobile a uso di abitazione principale, i bonus prima casa devono essere richiesti in sede di atto, previo l’accertamento degli opportuni requisiti. Tutto ciò significa anche che, pur possedendo i requisiti, resta possibile comprare un immobile come seconda casa (per vari motivi personali) non richiedendo le agevolazioni previste per l’abitazione principale. Quando richiedere il mutuo seconda casa Il mutuo seconda casa può essere richiesto in diverse occasioni. Di solito, viene destinato all’acquisto di una casa per le vacanze o di una futura abitazione per i propri figli, o per realizzare un investimento, per esempio, come già si diceva all’inizio. L’immobile in questione può trovarsi nello stesso comune dove si ha la residenza, oppure in un’altra città o regione. Non sono nemmeno previsti limiti nelle categorie catastali e dunque può trattarsi anche di un’abitazione di lusso. Cosa cambia con un mutuo per la seconda casa L’elemento più importante da tenere a mente quando si richiede un mutuo sulla seconda casa è che questa non potrà beneficiare di tutte le agevolazioni concesse all’abitazione principale. Di conseguenza, il peso economico del finanziamento sarà maggiore. Lo si può vedere già a partire dall’imposta sostitutiva dello 0,25%, di cui il mutuo seconda casa non gode. Di conseguenza, l’importo erogato sarà tassato al 2%. Per fare un esempio, se il mutuo è di 200mila euro, l’imposta sarà di 4mila e non di soli 500 euro, come accade per l’abitazione principale. Altro punto da non dimenticare è il fatto che non sia possibile beneficiare delle detrazioni sugli interessi passivi, come accade invece per la prima casa. I documenti per il mutuo seconda casa Quando si presenta la richiesta di mutuo per una seconda casa, è necessario fornire, oltre alla situazione del richiedente, anche le dimensioni dell’immobile, la categoria catastale, la sua ubicazione ed eventuali servizi aggiuntivi. Mutuo seconda casa con un altro mutuo in corso Ma è possibile richiedere un mutuo per la seconda casa, mentre stiamo ancora finendo di estinguere un precedente finanziamento? In generale, sì: un istituto di credito può concedere un secondo prestito a chi ne ha già richiesto uno, anche se con una diversa banca. Ci sono però alcuni criteri da soddisfare. Prima di tutto, bisogna essere certi di poter versare entrambe le rate rispettando tutte le scadenze predefinite. Per questo motivo, l’istituto valuterà i requisiti reddituali della persona o degli intestatari per accertarsi che la spesa per entrambi i mutui non superi una certa percentuale dei loro introiti netti. In secondo luogo, bisognerà dimostrare di avere una situazione creditizia ottimale rispetto al primo finanziamento. In poche parole, è importante non avere avuto nessuna interruzione nei pagamenti precedenti. Per una opportuna pianificazione dell’operazione è anche possibile rivolgersi a un mediatore creditizio,  professionista specializzato nella concessione del credito, come nel caso di Euroansa. Come fare per estendere il mutuo Più che estendere il primo mutuo a quello per la seconda casa, è possibile procedere a un consolidamento del debito. Questo consentirà di accorpare il pagamento in un’unica rata mensile e di allungare il periodo di ammortamento, cercando così di alleggerire il peso economico sul budget familiare. È una procedura chiama “acquisto più sostituzione”, di solito concessa da un numero esiguo di banche, alla quale ci si può affidare quando si rischia un peggioramento delle condizioni di vita a causa del debito accumulato o quando ci si trova davanti all’impossibilità di versare l’intero importo di entrambe le rate. FONTE: IMMOBILIARE.IT NEWS

La responsabilità dell'amministratore di condominio per mala gestio

Le gravi irregolarità contabili compiute dall'amministratore nel corso della gestione e la mancata consegna della documentazione inerente il Condominio alla cessazione dell'incarico costituiscono ipotesi di mala gestio nel rapporto di mandato intercorso L'amministratore di condominio è l'organo di gestione e di rappresentanza del condominio e si obbliga, in virtù di apposito contratto, a compiere uno o più atti giuridici nell'interesse della compagine condominiale. La sua figura, pertanto, rientra nella fattispecie del mandato con rappresentanza, come espressamente richiamato dall'art. 1129 c.c. il quale, tra l'altro, prevede che, per tutto quanto non espressamente disciplinato, all'amministratore di condominio si applichino le norme sul mandato. A fronte di gravi irregolarità nella gestione della res communis, la legge di Riforma del Condominio, L. n. 220 del 2012, ha introdotto, nel suddetto art. 1129 c.c., una serie di ipotesi determinanti la revoca dell'amministratore che, tuttavia, non possono considerarsi esaustive, sussistendo la cd. mala gestio, ogni qualvolta l'amministratore svolga la propria attività ponendo in essere condotte non rispondenti all'interesse comune dei rappresentati con conseguente violazione del dovere di diligenza del buon padre di famiglia ex art. 1710 c.c. ed obbligo di risarcimento del danno per la sua negligente attività. L'amministratore di condominio potrà, pertanto, rispondere per la violazione degli obblighi assunti nell'esercizio del suo mandato, sia in sede civile sia in sede penale. La responsabilità civile dell'amministratore di condominio. La responsabilità civile dell'amministratore di tipo contrattuale, ex art. 1218 c.c., si ha con riferimento agli obblighi assunti nei confronti del condominio in ragione del rapporto di mandato tra le parti. L'amministratore ha, infatti, il dovere di eseguire l'incarico con la diligenza del buon padre di famiglia, ossia di eseguire i compiti propri della sua funzione, come previsti dalle norme di cui agli artt. 1130 e seguenti del codice civile, tra i quali i più importanti sono: curare l'osservanza del regolamento condominiale, tenere e curare i registri di anagrafe condominiale; regolare l'uso e il godimento delle parti comuni; riscuotere i contributi; provvedere agli adempimenti fiscali nonché alle spese di manutenzione e a quelle per l'esercizio dei servizi comuni nonché compiere eventuali atti conservativi del bene comune; redigere il rendiconto annuale; aprire un conto corrente intestato al condominio, etc. L'inosservanza di tali doveri, espressione generale di cattiva esecuzione dell'incarico, comporta la responsabilità civile dell'amministratore. La responsabilità penale dell'amministratore di condominio L'amministratore è penalmente responsabile quando viola una norma penale. La casistica è ovviamente ampia, ma in generale può dirsi che è penalmente responsabile quando: non osserva norme di legge o di pubblica sicurezza; non adotta le misure necessarie per la sicurezza nel fabbricato condominiale; non interviene per evitare che si creino situazioni di pericolo oltre ovviamente al compimento di eventuali reati quali: violazione della privacy dei condòmini, truffa aggravata in caso di un rendiconto non veritiero o ancora appropriazione indebita in caso di mancata riconsegna dei documenti della gestione o di utilizzo a proprio vantaggio di somme versate dai condòmini per pagare i terzi. Un'ipotesi di responsabilità sia civile sia penale in capo all'amministratore può verificarsi in caso di mala gestio contabile tale da determinare un dissesto nella contabilità del Condominio dovuto ad incongruenze tra quanto messo per iscritto nei consuntivi e quanto effettivamente versato dai condòmini nonché causato dall'appropriazione indebita di parte delle somme versate dai condomini ed usate a vantaggio personale dell'amministratore anziché per far fronte ai debiti condominiali verso terzi. Una recente sentenza del Tribunale di Milano, n. 311/2022, si è occupata della questione della mala gestio dell'amministratore di condominio determinante responsabilità civile e penale. Responsabilità per mala gestio contabile dell'amministratore di condominio. Il caso deciso dal Tribunale di Milano La sentenza in esame ha affrontato un caso di responsabilità dell'Amministratore di Condominio per cattiva gestione nell'esercizio del proprio mandato tale da portare ad un dissesto della contabilità del Condominio con ammanchi nelle scritture contabili e confusione tra il patrimonio del Condominio con quello dell'amministratore. Nell'accertamento della responsabilità per mala gestio dell'amministratore di condominio che lo ha visto condannato al risarcimento dei danni in favore del Condominio, il Tribunale ha tenuto conto delle risultanze della Ctu contabile effettuata in giudizio nonché ha tratto argomenti di prova dalla condanna, seppur non definitiva, dell'amministratore in sede penale per appropriazione indebita di somme versate dai condòmini e destinate ai terzi fornitori di beni e servizi per il Condominio. In ragione della natura tecnica-contabile della causa, infatti, per determinare la sussistenza o meno in capo all'amministratore di una responsabilità civile per mala gestio si rendeva necessario l'ausilio di un tecnico commercialista, revisore contabile, per l'analisi dei consuntivi relativi al periodo di gestione in contestazione. La relazione risultante dall'analisi dei consuntivi suddetti metteva in evidenza delle discrepanze tra quanto registrato e quanto versato dai condòmini a titolo di spese condominiali a copertura di quanto dovuto ai fornitori. La Ctu veniva considerata pertanto dal Tribunale una prova oggettiva su cui fondare l'accertamento della mala gestio dell'amministratore, trattandosi di un accertamento fattuale rilevabile solo con determinate competenze tecniche (riprendendo così una pronuncia della Cassazione, n. 3710/2003). Non solo, il Tribunale, richiamando altra giurisprudenza consolidata di legittimità, riteneva di poter trarre argomenti di prova in merito alla sussistenza di responsabilità per mala gestio dell'amministratore, dalla sentenza penale, seppure non ancora divenuta irrevocabile, di condanna dello stesso per appropriazione indebita di somme usate a proprio vantaggio anziché per pagare i fornitori del Condominio. Le prove costituitesi in un procedimento penale, infatti, secondo constante giurisprudenza, possono essere utilizzate anche come fonte esclusiva del convincimento del giudice, attesa l'ammissibilità delle prove atipiche e alla luce del principio di economia processuale, specialmente con riferimento a perizie e consulenze tecniche. Esse sono parificate alle prove documentali per l'ingresso nel processo e la relativa efficacia probatoria viene comunemente indicata come equiparabile alle presunzioni semplici ex art. 2719 c.c. o agli argomenti di prova (cfr. Cass. n. 10599/2014; Cass. n. 11555/2013; Cass. n. 4667/1998 etc.). L'utilizzo da parte dell'amministratore di somme ricevute dai condòmini dello stabile per le forniture a proprio vantaggio, oltre a configurare il reato di appropriazione indebita, costituisce altresì una grave irregolarità civile ai sensi dell'art. 1129 comma 12 n. 4 c.c. consistente nella confusione tra il patrimonio del Condominio ed il patrimonio personale dell'amministratore. Fonte: condominioweb.com, 08/02/2022

Perché conviene riscaldare casa con una stufa a pellet se vuoi risparmiare

Per risparmiare sui riscaldamenti, anche senza utilizzare i termosifoni, ci sono diversi modi. Oggi scopriamo tutti i vantaggi di riscaldare casa con una stufa a pellet. Ecco tutto quello che c’è da sapere. Tra i principali vantaggi di scegliere una stufa a pellet per riscaldare casa c’è quello del risparmio economico, visto che garantisce bassi consumi e il prezzo della materia prima è decisamente contenuto. Ma vediamo anche come funziona e cosa bisogna fare per ottimizzarne l’efficienza. Installare una stufa a pellet Innanzitutto, è bene specificare, che per installare una stufa a pellet bisogna rivolgersi a dei tecnici esperti, visto che sarà necessario realizzare la canna fumaria e il condotto di areazione (in commercio si trovano anche modelli senza canna fumaria, ma necessitano comunque di un tubo di scarico per espellere i fumi che vengono generati). Proprio per questo è molto importante stabilire con cura dove collocare la stufa a pellet in casa, visto che si dovrà bucare la parete per la presa d’aria (poi bisognerà chiudere il bocchettone della presa d’aria esterno, per impedire che possano entrare foglie, insetti o altri corpi estranei). Inoltre, è sempre bene tenere conto del fatto che una stufa a pellet è in grado di generare una grande quantità di calore, quindi per sfruttarla al meglio andrebbe posizionata in un ambiente grande, come un soggiorno, e lontana da oggetti o superfici infiammabili. Per scegliere il modello della stufa a pellet che fa al caso nostro, bisogna calcolare la potenza necessaria, espressa in kilowatt, per riscaldare l’ambiente a disposizione. Per farlo, si moltiplica la superficie per l’altezza, in modo da ottenere il volume complessivo dei metri cubi che devono essere riscaldati, e moltiplicare di nuovo il risultato ottenuto per un coefficiente termico. Questo coefficiente varia a seconda alla collocazione geografica dell’edificio e alle sue condizioni termiche, tuttavia oscilla tra i 30 e i 40 kcal per metro quadro. In particolare, nel caso di un appartamento ben isolato ci si orienta su un coefficiente di 30, mentre per una casa poco coibentata meglio salire fino a 40. I costi di una stufa a pellet Orientativamente, una stufa a pellet di qualità media richiede un investimento di più o meno 2mila euro, compresi i costi di installazione, una soluzione quindi tutto sommato conveniente, considerando anche le agevolazioni fiscali, come quelle relative alle ristrutturazioni edilizie che prevedono il rimborso 10 rate annuali nella dichiarazione dei redditi. I guadagni maggiori, poi, si ricavano dai consumi. In media, il costo del riscaldamento per un ambiente di circa 60 metri quadri con una stufa a pellet si aggira attorno ai 900 euro annui. Con il metano si spendono circa 1.100 euro, 1.600 con il gasolio e 2.200 con il gpl (ipotizzando di tenere il riscaldamento acceso per 12 ore al giorno per 180 giorni, con un consumo complessivo di 15mila kilowatt). Fonte IdealistaNews 01/02/2022

Contratto di locazione con cedolare secca

Indice dei contenuti Contratto di locazione con cedolare secca: cos’è Quando scade un contratto di locazione con cedolare secca e come rinnovarlo Come registrare un contratto di locazione con cedolare secca A partire dal 1° gennaio 2021, la Legge di Bilancio ha introdotto importanti novità che modificano le regole sul contratto di locazione con cedolare secca, che sarà ora limitata a un numero massimo di quattro appartamenti. Il contratto di locazione con cedolare secca prevede una tassazione del canone di locazione pari al 21% e non è soggetto al pagamento dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo per la registrazione dell’atto ed eventuali proroghe. La possibilità di assoggettare i redditi da locazione alla cedolare secca è stata confermata anche per i contratti di locazione con cedolare secca stipulati nel 2022. Il titolare può registrare presso l’Agenzia delle Entrate un contratto che sia già stato firmato in maniera digitale. idealista offre ai proprietari e agli agenti immobiliari un servizio gratuito per la creazione di contratti di affitto con firma online. Contratto di locazione con cedolare secca: cos’è La cedolare secca è un’imposta sostitutiva (e facoltativa) che agevola la tassazione dei redditi risultanti dall’affitto di immobili ad uso abitativo e che sostituisce Irpef e addizionali sul reddito. La cedolare secca, tuttavia, non sostituisce l’imposta di registro in caso di cessazione del contratto di locazione. Questo tipo di regime fiscale non offre solo vantaggi. La cedolare secca, infatti, implica la rinuncia agli aggiornamenti del canone di locazione, fra cui anche le variazioni degli indici Istat. Questo significa che il canone stabilito dalle parti alla stipula del contratto di locazione rimane identico per tutto l’arco del rapporto contrattuale, senza possibilità di modifica da parte dei contraenti. Si può scegliere la cedolare secca sia in fase di registrazione del contratto (in caso di affitto annuale) sia negli anni successivi (per affitti pluriennali). In caso contrario, vigono le regole ordinarie. In quest’ultimo caso, è necessario pagare le imposte di registro e di bollo, senza possibilità di rimborso. In caso di proroga del contratto, è necessario confermare l’opzione di cedolare secca entro 30 giorni dalla scadenza del contratto. Quando scade un contratto di locazione con cedolare secca e come rinnovarlo La durata di un contratto di locazione con cedolare secca può variare in base alla tipologia di contratto d’affitto stipulato: libero (4+4: durata minima di 4 anni + proroga di altri 4), concordato (3+2: durata minima di 3 anni + proroga di altri 2), transitorio (durata minima di 1 mese e durata massima di 18 mesi) per studenti (durata minima di 6 mesi e durata massima di 3 anni) per uso turistico (durata libera, se inferiore ai 30 giorni non vige l’obbligo di registrazione del contratto). La cedolare secca può essere revocata entro 30 giorni dalla scadenza dell’annualità precedente e prevede il versamento dell’imposta di registro. Allo stesso modo, è sempre possibile rientrare nel regime della cedolare secca a partire dalle annualità successive alla revoca. Come registrare un contratto di locazione con cedolare secca La registrazione di un contratto di locazione con cedolare secca deve avvenire tramite modello RLI. Quest’ultimo deve essere utilizzato sia per la registrazione del contratto d’affitto che per il rinnovo dello stesso, se la volontà è esercitata entro 30 giorni dalla scadenza dell’annualità precedente. È possibile optare per la cedolare secca anche in sede di proroga, tacita o meno, del contratto di locazione, sempre con il limite temporale massimo di 30 giorni. Per la registrazione si può incaricare un intermediario abilitato, come ad esempio l'agenzia immobiliare Unicase oppure utilizzare i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate. I contratti di locazione brevi (di durata annuale complessiva non superiore a 30 giorni) non prevedono l’obbligo di registrazione in termine fisso. In questi casi, il locatore può inserire la cedolare secca direttamente nella dichiarazione dei redditi per il periodo d’imposta in cui viene prodotto il reddito oppure in sede di registrazione. Se devi stipulare o registrare un contratto di locazione, con o senza cedolare, o hai semplicemente bisogno di una consulenza, chiama una delle nostre agenzie Unicase. fonte: "Idealista.it, 28/01/2022"

URBAN SEQUOIA, IL GRATTACIELO CHE ASSORBIRÀ LA CO2

URBAN SEQUOIA, IL GRATTACIELO CHE ASSORBIRÀ LA CO2 Gli edifici sono responsabili di quasi il 40% delle emissioni di CO2 in atmosfera. E se gli edifici potessero agire come alberi, catturando C02 e purificando l'aria? Ispirandosi agli ecosistemi naturali, lo studio di architettura SOM ha ideato un prototipo edilizio che assorbe gli elementi inquinanti: Urban Sequoia. La proposta di SOM, presentata al COP 26, si basa sul potere di trasformare gli edifici in soluzioni, ripensando la loro progettazione e costruzione. Secondo Chris Cooper, partner di SOM, "con Urban Sequoia, e in definitiva con intere 'foreste' di Sequoias, vogliamo che gli edifici e le nostre città facciano parte della soluzione progettandoli per catturare l'anidride carbonica, cambiando il corso del cambiamento climatico". SOM ha sviluppato questa idea in modo che possa essere applicata e adattata alle esigenze di qualsiasi città del mondo. In questo senso, Urban Sequoia comprende diverse linee di design sostenibile, integrando materiali sani e le ultime innovazioni e tecnologie sul fronte della cattura di CO2. Le sue caratteristiche possono essere replicate in qualsiasi tipo di edificio. Per le città, il progetto del prototipo SOM è un grattacielo in grado di catturare fino a 1.000 tonnellate di CO2 all'anno, che equivale a 48.500 alberi. Il design incorpora materiali naturali come canapa, legno e biocemento, riducendo l'impronta di carbonio dell'edificio del 50% rispetto al cemento e all'acciaio. Dopo 60 anni dalla sua costruzione, Urban Sequoia assorbirebbe fino al 400% in più di CO2 di quanta ne avrebbe potuta emettere durante la costruzione. Con l'integrazione di biomassa e alghe, le facciate potrebbero trasformare l'edificio in una fonte di biocarburante in grado di alimentare sistemi di riscaldamento e automobili. Se tutte le città del mondo costruissero grattacieli Urban Sequoia, l'ambiente urbano potrebbe eliminare dall'atmosfera fino a 1.000 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, affermano da SOM. IdealistaNews – 17/01/2022

BONUS PER RISTRUTTURARE E COMPRARE CASA, QUALI SONO STATI RINNOVATI PER IL 2022

Sono tanti i bonus per la casa e l'edilizia prorogati nel 2022 dalla legge di bilancio. Dal bonus facciate al bonus 110, vediamo quali sono le ultime notizie sulle agevolazioni fiscali che ti serviranno per ristrutturare casa o per comprare una casa nel 2022. Bonus ristrutturazione edilizia 2022 Proroga nel 2022 (ma fino al 2024) del bonus ristrutturazione edilizia. L'agevolazione fiscale per i lavori di ristrutturazione edilizia. La detrazione delle Irpef copre il 50% delle spese effettuate, ma in alternativa si può scegliere anche uno sconto in fattura o la cessione del credito. Bonus casa 110 Il superbonus o bonus 110 è stato prorogato a tutto il 2023, con decalage nel 2024 e 2025) per i condomini, mentre per le case unifamiliari e le villette,dopo la cancellazionedel tetto Isee,  è arrivata la proroga al 31 dicembre 2022 per prima e seconda casa. Bonus mobili Nel 2022 ci sarà anche il bonus mobili, ma ci sono novità per quanto riguarda il tetto di spesa. Se la prima bozza della legge di bilancio riduceva il tetto a cinquemila euro, il testo definitivo ha elevato il tetto a 10mila euro. Bonus facciate Proroga nella legge di bilancio 2022 del bonus facciate, la detrazione al 90 per cento scende al 60 per cento nel 2022. E chi sceglie la cessione del credito o lo sconto in fattura dovrà presentare il visto di conformità e l'asseverazione tecnica, senza limiti di spesa come nel caso degli altri bonus casa ed edilizia. Bonus verde Tra i bonus casa, proroga nel 2022 anche per il bonus verde (la proroga anche in questo caso è fino al 2024). Il bonus verde è una detrazione del 36% delle spese sostenute per la messa a nuovo dei giardini e delle zone verdi degli edifici esistenti. Si può beneficiare di questa agevolazione fiscale in sede di dichiarazione dei redditi, mentre è esclusa la possibilità dello sconto in fattura e della cessione del credito     Sismabonus 2022 Tra i bonus per l'edilizia, anche il anche il simsabonus è stato oggetto di proroga da parte della legge di Bilancio 2022. La nuova scadenza è fissata al 31 dicembre 2024. Grazie a questa agevolazione, i contribuenti che eseguono interventi per l'adozione di misure antisismiche sugli edifici possono detrarre una parte delle spese sostenute dalla dichiarazione dei redditi Bonus casa under 36 Proroga anche per il bonus prima casa per gli under 36, un bonus che serve ad acquistare casa, invece che a ristrutturarla. Con il bonus mutui prima casa per i giovani di età non superiore ai 36 anni lo Stato dà accesso alla garanzia sull’80 per cento della quota capitale del mutuo necessario ad acquistare casa. Bonus acqua potabile 2022 Tra i bonus per la casa e l'edilizia del 2022 possiamo annoverare anche il bonus acqua potabile. Si tratta di un credito d'imposta del 50% delle spese sostenute dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2023 per l'acquisto e l'installazione di sistemi di: filtraggio; mineralizzazione; raffreddamento e/o addizione di anidride carbonica alimentare. Bonus idrico 2022 Il bonus idrico 2022 è un contributo fino a 1.000 euro per le spese relative alla sostituzione di rubinetti e sanitari Bonus per l'abbattimento delle barriere architettoniche In vigore a partire dal 1º gennaio 2022, è una detrazione del 75% delle spese documentate, sostenute dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, per la realizzazione di interventi direttamente finalizzati al superamento e all’eliminazione di barriere architettoniche in edifici già esistenti. Cessione del credito e sconto in fattura La legge di bilancio 2022 ha prorogato per alcuni bonus casa e bonus per l'edilizia (sismabonus, ecobonus, ecobonus 110, bonus facciate, bonus ristrutturazioni) la possibilità di usufruire della cessione del credito e dello scontro in fattura anche nel 2022. Ma attenzione per evitare le frodi è stato inserito anche l'obbligo di presentare il visto di conformità e l'asseverazione della congruità delle spese (già previsti per il superbonus), con delle eccezioni.

Come funziona il contratto d'affitto di un terreno agricolo

Il contratto d'affitto di un terreno agricolo è regolamentato dalla legge 203/1982. Conoscere la normativa vigente in materia è necessario per stipulare un contratto valido. Questa tipologia di contratto prevede che il proprietario del terreno si impegni ad affittarlo al conduttore per un determinato periodo di tempo e dietro pagamento di un canone di locazione. Il titolare può registrare presso l’Agenzia delle Entrate un contratto che sia già stato firmato in maniera digitale. idealista offre ai proprietari e agli agenti immobiliari un servizio gratuito per la creazione di contratti di affitto con firma online. Contratto affitto terreno agricolo: come funziona L’affitto di un terreno agricolo consiste in una forma di concessione dello stesso da parte del proprietario all’agricoltore. Quest’ultimo si impegna a prendersene cura e, come accade con altro tipo di contratto affittuario, deve corrispondere un canone di locazione prestabilito. Nel caso specifico di un terreno destinato all’agricoltura, il pagamento corrisponde ad un importo in denaro calcolato secondo criteri specifici nazionali e indici Istat riguardanti i prezzi della produzione dei prodotti coltivati.  Il proprietario ha l’obbligo di permettere al conduttore di usufruire del terreno secondo quanto prestabilito nell’atto. Il conduttore, invece, deve impegnarsi a pagare il canone di locazione con puntualità e non modificare la destinazione agricola del terreno. Il contratto d'affitto di un terreno agricolo, inoltre, entro 30 giorni da quanto viene stipulato, deve essere registrato all’Agenzia delle Entrate del Comune in cui il terreno si trova oppure direttamente online. Contratto d'affitto del terreno agricolo: pagamento del canone Il contratto d'affitto di un terreno agricolo può prevede il pagamento di un canone di locazione accuratamente definito o può essere riscosso attraverso differenti modalità di pagamento. Oltre al classico corrispettivo in denaro, l’affitto che il conduttore-agricoltore si impegna a pagare al proprietario della terra, può consistere in: una prestazione in natura, come ad esempio la potatura delle piante; una quota dei frutti raccolti dal terreno affittato. Quanto costa registrare un contratto di affitto di un terreno agricolo? Il contratto di affitto di un terreno agricolo è soggetto al pagamento dell’imposta di registro. Questa può essere pagata sia negli uffici delle Poste Italiane, che in banca tramite il modulo F24 Elementi identificativi. L’imposta è pari allo 0,5% dell’affitto annuo stabilito nell’atto e tale tassa deve essere pagata al momento della stipula e per ogni anno d’affitto nei primi 30 giorni dell’anno. Quanto dura un contratto di affitto di un terreno agricolo? La legge 203/1982 sancisce che i contratti di affitto di un terreno agricolo hanno una durata temporale di minimo 15 anni quando stipulati tra proprietari terrieri e agricoltori o conduttori privati che non sono coltivatori diretti. Questo accade per far sì che i contratti abbiano una durata che possa permettere un efficiente sfruttamento della terra. Come funziona affitto terreno agricolo? Il contratto di affitto di un terreno agricolo deve riportare dati, informazioni e generalità di entrambe le parti (locatore e conduttore) e, come ogni altro atto d’affitto, deve specificare la durata, l’ammontare del canone di locazione, una clausola che vieti il subaffitto, data e luogo della stipula e firma di locatore e conduttore. Come disdire un contratto di affitto di un terreno agricolo? Nel caso in cui proprietario o agricoltore volesse disdire il contratto di affitto di un terreno agricolo, deve darne notizia con almeno un anno di anticipo alla controparte tramite raccomandata a/r e relative motivazioni. IdealistaNews - 04/01/2022

Buon Natale e Buon 2022!

Vi auguriamo un anno ricco di soddisfazioni e tanta Felicità! Per quanto possa essersi evoluto, il Natale è ancora una festa da dedicare a chi amiamo. Il calore della casa e la gioia di ritrovarsi tutti insieme sono le cose più importanti. Siamo in un periodo speciale dell’anno, che ci fa tornare tutti un po’ bambini, riportandoci alla mente i nostri Natali passati con una punta di malinconia. Allo stesso tempo, le feste servono a farci rilassare, trascorrere del tempo con le persone che amiamo e a recuperare le energie utili per affrontare il nuovo anno che ormai è alle porte. Stiamo per archiviare il 2021, che per noi dell’Agenzia Immobiliare Unicase è stato un anno pieno di lavoro e progetti. Abbiamo avuto il piacere di aiutare molti a trovare la loro nuova casa, e in questo periodo ci piace immaginarli emozionati e presi dai preparativi per il loro primo Natale tra nuove mura domestiche. Noi continueremo ad aiutarvi con lo stesso impegno che quest’anno ci ha permesso di ottenere grandi risultati. Che vogliate vendere, comprare o affittare casa, il nostro augurio più grande è quello di riuscire a raggiungere il vostro traguardo insieme a noi. Ci trovate per una consulenza immobiliare in Agenzia Unicase a Barge, Paesana, Bricherasio, Luserna San Giovanni, Torre Pellice.   Grazie di cuore a coloro che hanno fatto parte del nostro 2021.  

Donazione della nuda proprietà con riserva dell’usufrutto, quando si fa e quali sono i vantaggi

La donazione della nuda proprietà con riserva dell’usufrutto è un’operazione oggi piuttosto diffusa cui conseguono alcuni significativi vantaggi. Con l’aiuto del consigliere nazionale del Notariato, Giulio Biino, cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta e perché sia più praticata rispetto alla donazione dell’usufrutto di un immobile. Ecco quanto spiegato. E’ possibile donare la nuda proprietà con riserva dell’usufrutto? “La donazione o la vendita della nuda proprietà con riserva dell’usufrutto è un’operazione estremamente interessante che si presta a diverse considerazioni, sia dal punto di vista giuridico che dal punto di vista fiscale. Donare la nuda proprietà riservandosi l’usufrutto è un’operazione praticata soprattutto nel momento della sistemazione e pianificazione della propria successione. Chi, arrivato in età ragionevolmente avanzata, vuole cominciare in vita a sistemare il proprio patrimonio pianificando la successione, anziché fare un testamento, può cominciare a donare la piena proprietà di alcuni immobili oppure a donarne la nuda proprietà riservandosene l’usufrutto”. Quali sono i vantaggi? “Donare la nuda proprietà innanzitutto ha un impatto fiscale ridotto rispetto al donare la piena proprietà, perché si dona un diritto reale minore. Quindi, il valore di quello che viene donato è ridotto dal valore dell’usufrutto, che invece si riserva il donante. Il valore dell’usufrutto deriva da una tabella che viene periodicamente aggiornata in funzione del cambiamento e della crescita dell’aspettativa di vita, ma è comunque legato all’età dell’usufruttuario. L’usufrutto vale tanto di meno quanto più l’usufruttuario è anziano, presupponendo che abbia un’aspettativa di vita ridotta. Ma qual è il vantaggio? Il vantaggio sta nel fatto che donando la nuda proprietà si realizza il passaggio del bene all’atto della donazione e in seguito alla morte dell’usufruttuario l’usufrutto si riunisce in capo al nudo proprietario senza più alcun costo fiscale. Si deve procedere semplicemente con una pratica catastale dal costo di poche centinaia di euro che allinea il catasto alla situazione di fatto, ma non vi sono più costi fiscali”. Cosa significa esattamente donare la nuda proprietà riservandosi l’usufrutto? “Significa spogliarsi della proprietà, ma mantenere tutti i vantaggi che derivano innanzitutto dal poter godere degli eventuali frutti che l’immobile produce oppure poterlo continuare semplicemente ad abitare e quindi non perdere la possibilità di utilizzare il bene di cui si è donata la nuda proprietà. Il tutto senza gravare il donatario, cioè chi riceve la nuda proprietà, di alcun costo, perché tutte le spese e anche i gravami fiscali rimangono in capo all’usufruttuario. Le spese di manutenzione ordinaria, le spese della detenzione dell’immobile, come Imu e Tari, sono tutte in capo all’usufruttuario. Le sole spese che formalmente gravano sul nudo proprietario sono quelle di manutenzione straordinaria. E’ evidente che in questo modo è possibile, con un costo certo e soprattutto senza perdere la possibilità di godere dei frutti che l’immobile può produrre, pianificare la propria successione fin da molto prima della morte o comunque senza dover passare necessariamente attraverso un testamento”. Oltre alla donazione, è possibile la vendita della nuda proprietà con riserva dell’usufrutto? “Sì. Un’altra possibilità, ultimamente abbastanza praticata, è la vendita della nuda proprietà con riserva dell’usufrutto. Si tratta di una soluzione spesso scelta da chi è arrivato in età avanzata e ha necessità di procurarsi una certa liquidità senza però perdere la possibilità di godere dell’immobile. Si tratta di un’operazione che è possibile praticare trovando un investitore interessato ad acquisire una nuda proprietà pagando un prezzo ridotto, perché il prezzo viene decurtato del valore dell’usufrutto. Il nudo proprietario, al momento del decesso dell’usufruttario, si troverà ad essere pieno proprietario senza avere più alcun costo aggiuntivo. Tale operazione può consentire al proprietario di realizzare la liquidità di cui necessita e all’acquirente di ‘scommettere’ sulla vita dell’usufruttuario in modo tale da trovarsi poi un bene in piena proprietà magari a distanza di pochi anni, soprattutto se al momento dell’operazione l’usufruttario è già ragionevolmente anziano”. E’ invece possibile fare la donazione dell’usufrutto di un immobile? “Sì, è possibile anche donare l’usufrutto, mantenendo la nuda proprietà. Sicuramente è un’operazione molto meno praticata, anche perché non produce i risultati di cui si è parlato. E’ innanzitutto difficile che l’usufrutto venga donato o alienato a un soggetto più giovane, anche perché, come già detto, si tratta di un’operazione che ha un costo superiore, in quanto più l’usufruttuario è giovane più l’usufrutto vale, e quindi si avvicina al valore o al costo della piena proprietà, in secondo luogo perché non si realizza la pianificazione ereditaria in quanto la nuda proprietà, che si è mantenuta, cadrà comunque in successione. L’operazione che oggi ha acquisito una certa popolarità è proprio quella inversa, cioè donare o vendere la nuda proprietà riservandosi l’usufrutto. Questa, per pianificare la successione o per procurarsi una liquidità immediata, è una pratica attualmente piuttosto diffusa. A mio avviso, tra l’altro, da un punto di vista della pianificazione successoria è un’operazione che può rivelarsi molto utile, in quanto comporta un risparmio di costi permettendo inoltre la suddivisione del patrimonio secondo i propri desideri sin da subito”. "Idealista news, 14/12/2021"